Ecco una storia che riflette quel contrasto tra i sogni del giorno e la realtà della sera.
Da ragazzo, nella stagione estiva, aiutavo la mia famiglia portando ogni mattina i maiali a pascolare. Era un compito che mi pesava poco, perché quelle ore trascorse nei campi, lontano da casa, erano un momento solo mio che vivevo quasi con piacere.

I maiali grufolavano tranquilli tra l’erba, le radici e le spighe di grano dopo il raccolto, io mi sedevo su un masso, su un vecchio tronco e osservavo le colline all’orizzonte. In quel silenzio, con il sole che picchiava forte sulla terra e sulla pelle e il venticello che quasi sollevava l’odore della terra, avevo tutto il tempo per sognare e cercare di organizzare il mio futuro.
Sognavo una vita diversa, una vita lontana dai sacrifici quotidiani. Mi vedevo viaggiare, costruire qualcosa di mio, un futuro fatto di opportunità. Immaginavo il mondo oltre i confini del mio villaggio, fatto di città, persone nuove e possibilità senza fine. Quella quiete mi permetteva di fuggire, anche solo con la mente, dalla realtà che conoscevo.
Ma poi, quando il sole iniziava a scendere e dovevo riportare i maiali a casa, i sogni restavano lì, nei campi. Tornavo tra le mura della mia casa, nella cruda realtà di una vita difficile. La stanchezza dei miei genitori si rifletteva nei loro sguardi, nei gesti ripetitivi e silenziosi della sera. Ogni giorno era una lotta per andare avanti, per mettere insieme abbastanza da sfamare tutta la famiglia. Il fuoco nel camino rischiarava appena le stanze spoglie, e il mondo dei miei sogni sembrava lontano anni luce.
La sera, seduto a tavola, mi rendevo conto che il peso della realtà schiacciava quei sogni, che erano tanto vivi tra i campi, ma fragili nel buio della notte. Tuttavia, non smettevo di sognare. Forse, proprio perché la vita era così dura, quei momenti trascorsi a pascolare i maiali erano un rifugio, un posto in cui potevo credere che, un giorno, qualcosa sarebbe cambiato. Oggi, nel ricordare quel periodo, sento che nonostante le difficoltà è stato un periodo felice. Una vita semplice con rapporti affettivi sinceri, non solo con i miei fratelli, ma anche con i compagni di scuola e di giochi. Non c’era la televisione e le informazioni arrivavano, quando arrivavano, in grande ritardo e spesso raccontate con il passaparola e di conseguenza falsate.

Mi capitava di leggere dei libri dei miei fratelli più grandi, che capivo poco ma riempivano i tempi vuoti delle giornate. Ricordo tra i libri di che ho sfogliato c’erano libri di storia, geografia, scienze ed in particolare uno che sembrava essere scritto per me: La fattoria degli animali di George Orwell che ho scoperto come scrittore solo molti anni dopo.