Faccio parte di quella generazione anni ’50, appunto i Boomers, nata agli inizi del boom economico, esploso poi negli anni ’80 e che ha fatto di questi anni una vera rivoluzione sociale, culturale ed economica. Io ad esempio sono stato uno dei primi ad entrare nella scuola di massa con classi di alunni di diverso ceto sociale; il primo ad accedere alla nuova scuola media unificata. Infatti con la riforma della scuola del 1962 si passò dalla scuola di Avviamento Professionale alla Scuola Media Unificata. La strada era ancora tutta in salita! Le scuole rurali, di cui facevo parte erano pluriclassi con un unico insegnante e in locali fatiscenti.

Si usava il solo libro di testo, “Il Sussidiario”, le biblioteche vere sconosciute.

Nonostante tutto però furono quelli degli anni felici con la scoperta di luoghi, storie ed amicizie che ancora oggi ricordo con commozione. La scuola era ancora influenzata dal periodo fascista con un sistema educativo frontale dove gli studenti non avevano nessuna interazione con gli insegnanti. L’autorità docente non poteva essere messa in discussione. Si dava priorità all’ordine e alla disciplina più che alla partecipazione. Poi arrivano gli anni ’80 e tutto cambia, ogni giorno una novità culturale, tecnologica, scientifica. La scuola si apre alle nuove discipline scientifiche e alle lingue straniere diventando più inclusiva e democratica Il ’68 fu un vero sconvolgimento per noi appena maggiorenni. Le prime divergenze sociali e culturali. La scoperta della politica come dibattito tra punti di vista differenti. Le prime letture di autori impegnati come D’Annunzio, Papini, Pavese, Moravia, Montale. Con le divergenze politiche arrivano anche gli scontri, soprattutto, tra studenti di ideali contrapposti che culminarono con la formazione di diversi gruppi estremisti: Avanguardia Nazionale, Ordine Nuovo, Lotta Continua, Potere Operaio. Questa fu la mia formazione politica e culturale. Il seguito di questi movimenti rimase ben poco e molti giovani finirono o nelle Brigate Rosse o nei Nuclei Armati Rivoluzionari. Io invece finii a lavorare in Germania, perché nell’Italia del 1970 non c’era posto per un neodiplomato senza esperienza e senza referenze. Ma questa è un’altra storia.