Appena quattordicenne e già mi ritrovavo catapultato nella città di Cosenza, palazzi, viali, giardini, io che al massimo ero andato a 30 km da casa e che la costruzione più grande che avevo visto era l’antico Palazzo ducale di Verzino, ora Palazzo Comunale. Costruzione d’interesse storico-artistico risalente al XVII sec. Si ritiene sia stato realizzato dal Duca Nicolò Cortese nella seconda metà del 1600 e successivamente abitato da diverse famiglie baronali. In questa zona centrale di Cosenza si trovava la scuola che ho frequentato nei successivi cinque anni, mentre l’abitazione era in periferia ,nel quartiere S. Lucia. Conosciuto come il quartiere delle “lucciole” prostitute, sparse lungo le stradine a terrazzi e case per lo più cadenti con intonaci qui e là scrostati. Oggi li definiremmo tuguri inabitabili. La vita si svolgeva prevalentemente all’aperto, d’estate all’ombra di una copertura di fortuna per difendersi dal sole e d’inverno per scaldarsi al sole. E poi bisognava far vedere la “mercanzia” che si offriva agli eventuali clienti. Ricordo che erano donne mature vestite in modo appariscente più di quanto quella realtà gli permetteva. Per noi ragazzi, che tutti i giorni passavamo di lì per andare e tornare da scuola, era una realtà rovesciata ma divertente, uno spettacolo cinematografico. Per quelle povere donne era invece la sopravvivenza, un lavoro da cui trarre quel poco profitto utile a sostenere loro e i propri figli. Infatti molte di queste avevano una nutrita prole spesso da padre ignoto. Queste case d’incontro erano però abusive perchè già nel 1958 le case ufficiali della prostituzione era state abolite grazie alla legge Merlino. Nata per dare dignità alle donne.

Molti anni dopo, quando lavoravo a Genova ho rivisto quelle stesse facce sotto il cavalcavia, a Sestri Ponente, che conduce all’aeroporto della città. Potrà sembrare strano ma nutrivo per quelle donne (prostitute) un affetto quasi filiale e, quando passando, scambiavo qualche parola con loro sentivo che, nonostante la durezza di quella vita, nutrivano anche loro sentimenti come l’amore, l’affetto, l’amicizia, la benevolenza.
Una vita dura, spesso sfruttata da gente senza scrupoli ai quali interessava solo il denaro. Mi è capitato di offrire loro un caffè, una brioche, o un panino e ne sono stato orgoglioso per averlo fatto. Di questi incontri con il mondo della prostituzione ne ho tratto insegnamento più di quanto abbiano fatto i tanti anni di studio!