Vorrei raccontarvi la mia esperienza di quattordicenne catapultato in uno sudentato gestito da frati cappuccini, rinchiuso tra le mura di un convento. Cosa vuol dire vivere insieme ad altri ragazzi, studiare in silenzio in una camerata con quaranta scrittoi e un dormitorio con altrettanti letti, un refettorio come sala da pranzo e un un Istitutore da “cane da guardia”, regole rigide che non contemplavano critiche o contrarietà. Era vietato anche solo commentare, e quando si veniva scoperti puntuali arrivavano le punizioni, non si ascoltano eventuali giustificazioni a discolpa; avevi sbagliato a prescindere. Eppure, nonostante la giovane età e i torti ricevuti non mi sono mai lamentato e soprattutto non sono andato in depressione anzi tutto ciò mi ha aiutato a crescere con sani principi e una buona dose di altruismo. Una grande esperienza di vita. Oggi vedendo e ascoltando le nuove generazioni mi chiedo: questi ragazzi e ragazze sarebbero capaci di affrontare simili situazioni senza subire effetti negativi sulla loro crescita e sul loro futuro? Nutro seri dubbi. Quando sento storie quotidiane di aggressioni, omicidi mi viene naturale pensare che stiamo crescendo una generazione senza spina dorsale priva di punti di riferimento con cui confrontarsi e reagire con coraggio alle difficoltà della vita. Spero comunque di sbagliare!